Formazione "il FIGLIO dell'UOMO" ARGOMENTO dalla STAMPA QUOTIDIANA

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il FIGLIO dell'UOMO

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2009 dal 5 al 12 Aprile

8a SETTIMANA MONDIALE della Diffusione in Rete Internet nel MONDO de

" i Quattro VANGELI " della CHIESA CATTOLICA , Matteo, Marco, Luca, Giovanni, testi a lettura affiancata scarica i file cliccando sopra Italiano-Latino Italiano-Inglese Italiano-Spagnolo

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dai GIORNALI di OGGI

Clochard,

gli ultimi al giro di Boa

2009-03-08

Ingegneria Impianti Industriali

Elettrici Antinvendio

ST

DG

Studio Tecnico

Dalessandro Giacomo

SUPPORTO ENGINEERING-ONLINE

 

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il SOLE 24 ORE

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2009-03-08

Clochard, gli ultimi al giro di Boa

di Andrea Bajani

8 MARZO 2009

Disoccupazione intellettuale: nuove carriere nella City (di Marco Niada)

C'è un modo tutto diverso, che hanno vecchi e ragazzini, di guardare alle boe che galleggiano in acqua. I vecchi ci si aggrappano, prendono fiato, e poi da lì, abbracciati, si voltano a guardare la riva dov'è. I ragazzini ci girano intorno facendo le gare, la usano per trasformare il mare in piscina. Qualche ragazzino ci gioca, ci monta sopra come un torero. Vorrebbe affogarla ma gli scappa da ridere e ridere toglie energie. Ma in mezzo agli schizzi la boa li disarciona tutti, li ributta nel mare. E loro ricominciano, ripartono all'attacco con gli occhi in cagnesco, ridendo coi loro denti a casaccio. In mezzo al mare la boa sta ferma, è come far vedere una mappa a qualcuno e fargli una croce con la matita per spiegargli dov'è. Si chiama Boa anche quella su cui sono a bordo, ma si muove e intorno il mare non c'è. È un furgone che la notte gira per Torino a dare assistenza a chi non ha un posto per dormire. Una boa che si sposta è un po' come barare, truccare il mare, avvicinare la boa a chi nuota sfinito. La Boa si chiama Bum, Boa urbana mobile, ed è un servizio del Comune gestito dalla Cooperativa Parella. Sul furgone in questa notte d'inverno ci siamo Federico, Stefano e io, schiacciati gli uni contro gli altri per stazza e per freddo. Il programma prevede Porta Nuova, piazza San Carlo, le Molinette, e poi occhi aperti, vedere se vediamo qualcuno, convincerli a passare una notte in dormitorio. Sono tanti. Sono tutti quelli che sono rimasti fuori, italiani e stranieri. Quelli che hanno perso il lavoro, che si sono separati e sono crollati, quelli che hanno tentato il tutto per tutto e gli è andata male, quelli che hanno smesso di tentare per rassegnazione, i tossicodipendenti, gli alcolisti. E poi tanti stranieri, africani, russi, romeni. Soprattutto romeni, che sono entrati in Europa e sono rimasti fuori da tutto il resto.

In un anfratto di piazza San Carlo troviamo Silvio. Sta sdraiato in terra, si è tolto gli occhiali, li ha messi in un angolo. Federico si inchina, lo sveglia chiamandolo piano. Silvio apre gli occhi, cerca gli occhiali, dice "Ah, siete voi". Dice che è caduto, un giorno, non si ricorda, ha battuto la testa. Camminava e si è trovato per terra. Sta spesso in quell'anfratto ma non l'avevo mai visto. Sembra di andare per funghi con chi conosce i posti, questo giro di Boa: dove prima passavi e non c'era niente, ora li vedi. Perché la gente guarda nel punto in cui il dito dice che bisogna guardare, e se il dito indica la luna ci hanno detto che è la luna che dobbiamo guardare, e pensare che è bella. Silvio facciamo una gran fatica, prima di caricarlo a bordo. Non vuole venire, preferisce la strada, ha un paio di coperte nascoste. Ma poi si lascia convincere, e consegniamo lui, il suo zaino e la sua borsa di nylon nel dormitorio di via Sacchi. Promette che starà una settimana, ma il giorno dopo è già fuori, e la sua storia è tutta qui. Ha cinquant'anni soltanto, e tiene duro finché ce la fa. A Porta Nuova ci sono Marzia e Concetta, una madre, una figlia e una valigia. Stanno in un angolo, la madre seduta sulla valigia che fuma, una coperta sopra le gambe, la figlia che guarda gli arrivi come se stesse aspettando qualcuno. Dietro di loro c'è un totem, "La rinascita della stazione".

Marzia e Concetta aspettano il sussidio, aspettano la casa, e dormono sul treno al binario 18, un treno che parte all'alba. Dalla stazione non si muovono mai. La madre dice che la figlia ha paura di tutto, ha quasi trent'anni ma ha paura di tutto, non vuole uscire, non vuole parlare al telefono. Si vede che la mamma ci andrebbe, in un dormitorio, ma la figlia non vuole. Marzia dice che è vero, che non vuole, ma che ci vuoi fare se ha paura, se sta male. Mentre parla non guarda mai in faccia, fissa sempre un punto lontano, si pasticcia le mani, ripete che nei dormitori non ci vuole andare. Non c'è bella gente, c'è puzza, e poi dopo una notte al caldo, tornare al freddo è difficile. Alla spalle di Marzia e Concetta c'è una famiglia napoletana sfasciata. Un avvocato prova a chiamare ogni giorno per le pratiche del divorzio ma il telefono lo tengono spento perché Marzia ha paura. E Marzia ogni ventotto giorni, con la cadenza della natura, sta male, e ogni ventotto giorni proprio per questo prendono un treno e vanno giù a sud. Per dieci giorni stanno chiuse in casa, a letto. In tre dentro un letto matrimoniale, la madre, la figlia e la nonna, l'unica che ancora le vuole vedere. Perché a Napoli, dice Marzia, le odiano tutte. Poi per fortuna la natura dà tregua, e scappano di nuovo a nord, Torino Porta Nuova, binario 18. La notte la passiamo così, a spostare la boa per provare ad accorciare il mare. Sembra una lotta, perché chi è sfiancato a volte non ne vuole sapere di farsi aiutare. Stringe i denti e si dà un tono, cerca un contegno. Come Marzia e Concetta, che le avresti dette in partenza.

Oppure come Emma, che troviamo alla fine di questa notte, al pronto soccorso. Ha l'aria di una che aspetta un parente finito in ospedale. Ha addosso una dolcevita rosa, un casco di capelli grigi puliti, sul naso gli occhiali da presbite. Sta in mezzo a una manciata di altre persone che aspettano, seduta. Sta in mezzo a loro, Emma, e fa finta di niente, scrive parole con lo sguardo compunto sulla settimana enigmistica. È mimetizzata alla perfezione, non vuole farsi scoprire, ha una dignità che costa fatica, difenderla. Federico le si siede accanto perché la conosce. Lei gli chiede piano a che punto è una pratica, lui le risponde. Mi siedo anch'io vicino a lei, mi dice che al Mauriziano è molto più tranquillo. Parliamo con un filo di voce, lei sempre con la Settimana Enigmistica sulle ginocchia. Gli altri non ci guardano, un po' perché ognuno ha i suoi pensieri, soprattutto lì dentro, un po' perché le diamo man forte, nella sua mimesi. Compiliamo le caselle del cruciverba, orizzontale, verticale, due, tre, cinque lettere. Scriviamo "testadura", "visigoti" e poi "ei", che è come comincia il 5 maggio. Poi io le trovo Giuliano l'Apostata, scritto tutto attaccato, e con Giuliano l'Apostata ci riempiamo una riga. Si ferma, mi guarda, mi dice "Dovresti venire più spesso".

8 MARZO 2009

 

 

 

 

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